Il saper ritrarre fiori ed altre cose minute,
nel che due cose richiedono: la prima,
che il pittore sappia di lunga mano maneggiare i colori,
e ch'effetto fanno, per poter arrivare al disegno
vario delle molte posizioni de' piccoli oggetti
e alla varietà de' lumi: e riesce cosa assai difficile unire
queste due circostanze e condizioni a chi non possiede
bene questo modo di dipingere, e sopra tutto
vi si ricerca straordinaria pazienza

Vincenzo Giustiniani

 

Relegato a “fanalino di coda” nella scala dei generi sin dai tempi dell’Accademie Royale de Penture et Sculpture, nella seconda metà del 1600, la natura morta è spesso stata vista come un genere meno impegnativo e meno nobile rispetto alla figura umana e ai dipinti di soggetto storico. Eppure, nel corso dei secoli, una moltitudine di artisti si è adoperata per rendere giustizia e celebrare la bellezza di questo genere pittorico. Celebre poi è la frase del Caravaggio, il quale sosteneva che: “tanta manifattura gli era a fare un quadro buono di fiori, quanta di figure” Il genere pittorico della “natura morta” evoca dipinti fitti di fiori, frutta, animali: composizioni con soggetti inanimati che non comprendono la figura umana, ma documentano una tavola imbandita, un vaso colmo di fiori di varie specie, frutto del lavoro di abili artisti che si sono specializzati in questa tipologia di opere. Oggi l’idea che un giovane artista si cimenti nel realizzare nature morte ci pare singolare, se lo confrontiamo con sperimentalismi arditi e concettuali dove spesso un sapiente uso del disegno e del colore non sono primari. Davide Prevosto segue la strada di grandi che hanno amato la “stilleven” (vita silenziosa/ quieta) secondo l’uso olandese o la “stilllife” della cultura anglosassone, da Caravaggio e Baschenis in Italia, a Bosschaert in Olanda o nelle Fiandre J. Bruegel dei Velluti, D. Seghers, sino a H. de Fantin-Latour, Courbet, Cézanne, van Gogh. Sono opere che fissano un momento, una situazione e che ci spingono a cogliere il significato simbolico o allegorico della immagine dipinta, così come le bottiglie di Morandi sono altro rispetto a quanto dipinto, ma sono persone, figure composte entro un insieme di altri oggetti e colori, ci raccontano sentimenti delicati, storie sussurrate. Così quando si parla di “natura morta” immediato è il riferimento alla fugacità della vita, alla vanitas, dove gli oggetti del presente fissato nella tela rimandano alla brevità della nostra esistenza, alla debolezza delle nostre certezze. La frutta è attaccata dagli insetti che la contaminano, il fiore perde il suo profumo e appassisce. Colazione con il suo intimismo di cose abbandonate temporaneamente ci consegna un tempo sospeso, una persona che si è allontanata dalla scena e un’azione che dovrà riprendere. Eden con la mela tagliata posta sul tavolo ci rimanda a quel Paradiso terrestre dove la mela è il frutto proibito e l’occasione per trasgredire, come se ogni conoscenza fosse un saltare oltre la siepe e cadere in nuovi territori, nuovi mondi. Ultima cena già dal titolo ci proietta in un clima evangelico dove il vino, il pane, il pesce e il giglio compongono magistralmente la storia di un convivio sacro. Troviamo l’uva e il vino, l’uno si converte nell’altro, come il vino che noi beviamo nel sacramento della Comunione è la transustanziazione del sangue di Cristo che si è sacrificato per noi. Al centro della composizione troviamo un piccolo vaso di vetro che contiene cinque gigli bianchi, simbolo di purezza. Prevosto ci vuole ricordare che tre sono sbocciati come la Trinità di Padre, Figlio e Spirito santo che già si è manifestata, mentre due sono chiusi in attesa di quella eternità che si compirà in futuro. Anche in questa opera non a caso notiamo, in una posizione un po’ arretrata, una mela raggrinzita. Il peccato corrompe come il tempo avvizzisce la mela, ma questa è staccata dal resto della composizione, perché davanti a noi è la storia del Cristo incarnato, del Cristo salvifico e incorruttibile. La mostra propone ancora la serie degli “Avanzi” e delle “Sinfonie”. I primi sono due dipinti che appagano l’occhio dello spettatore in una minuziosa ricostruzione alla Spoerri in cui compaiono i resti di una pranzo al ristorante con svariate portate ancora nei piatti, oppure attraverso la ludica giocosità di una colorata composizione che come in gioco degli specchi in realtà cita con le figure di dolciumi, patatine e pop corn noti artisti della storia dell’arte contemporanea. Le “Sinfonie” sono piccoli tondi, che diventano il pretesto per una ricerca di nuove forme e nuove composizioni attraverso tenui monocromie, mentre la musicalità di linee morbide, rotonde e sinuose disegnano sinfonie.

Irene Finiguerra

Davide Prevosto è nato a Biella il 12 aprile del 1984. Si è laureato nell'ottobre del 2012 presso l'Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, con un punteggio finale di 110 e lode. Semifinalista al premio “Arte” 2014, è stato selezionato tra i primi 80 su circa 1000 partecipanti con l'opera “Composizione barocca con avanzi”. Il suo stile è improntato a una forte componente naturalista di stampo figurativo. Specializzatosi in nature morte, tratta con uguale disinvoltura anche i ritratti e i paesaggi.