IRIS. Inverno (e poi di nuovo sarà primavera)

Mostra personale di Michela Cavagna

29.04 - 30.05.21

a cura di Irene Finiguerra 

La mostra è inserita all’interno del Viaggio. Orizzonti, frontiere, generazioni.
In collaborazione con StileLibero e Palazzo Ferrero - Miscele culturali
Con il contributo di Fondazione Cassa di Risparmio di Biella

 “Nel mio giardino ho piantato dei bulbi di iris. E ogni anno senza che io li guardi o curi più di tanto loro mi regalano delle fioriture magnifiche...un giorno, osservando un grumo di foglie adagiate sul terreno gelido, ghiacciato, della mattina, mi è venuta alla mente la trasformazione a cui va incontro la natura durante il periodo invernale. Ho cominciato a pensare alla ciclicità della vita delle piante, al tempo del trasformarsi in humus per dare linfa alla nuova vita che verrà l'anno successivo, al tempo della gestazione per la rinascita”. 
Un riferimento implicito al momento che l'umanità sta attraversando. Così Michela Cavagna racconta le sueincisioni su carta Kozo, un omaggio alla cultura giapponese che spesso interpreta le stagioni e il loro scorrere nel tempo, dove silenzio e vuoto assumono un significato ricco di interpretazioni lasciate a chi le osserva.
I riferimenti ai principi estetici ed etici della cultura giapponese sono esplicitati nell'uso della stampa mokuhanga e nella tecnica sashiko del rammendo. Il BORO, l'arte che lo comprende, si fonda sul riutilizzo di vecchi tessuti rammendati per creare nuovi capi, elogia l'imperfezione, la sobrietà, il senso della circolarità delle cose, in questo modo si rimanda al concetto di rinascita.
Perché proprio gli iris e perché il ricorso ad una tecnica antica? La risposta è nella ricerca sofisticata, di riflessione, di indagine che Michela Cavagna impone a sé stessa e alla sua creatività, prima di produrre un manufatto artistico.
Gli iris sono fiori coltivati e venerati anche per le proprietà curative, utilizzati in cosmesi e fitoterapia. L'iris è simbolo di longevità nella fede cristiana, emblema delle gesta eroiche della nobiltà giapponese, polvere medica nell'antico Egitto. Nei suoi lavori acquisiscono il valore di una cura, un atteggiamento attivo di fiducia nella vita e in un recupero di una normalità in cui dopo la pandemia saremo certamente cambiati se sapremo fare una indagine su noi stessi. Le parole che ricama nei suoi disegni sono parole positive, di pacificazione, serenità dell’anima, di rispetto dei tempi della natura, dando valore anche ai silenzi come tempi pieni di contemplazione e del profumo dei fiori.
I riferimenti ai principi estetici ed etici della cultura giapponese sono dovuti al ricorso a una tradizione antica per raccontare l’oggi, in un quotidiano che deve essere sempre più sostenibile per garantire la bellezza del creato.

Non voglio perdere la memoria di quanto accaduto di Michela Cavagna

Nel mio giardino ho piantano diverse varietà di iris.
Gli iris quando fioriscono non badano a spese
e si ricoprono di un'eleganza sfacciata.
E così gli perdono quelle lunghe foglie nastriformi stoppose,
l’unica cosa che resta di loro per tutto il resto dell'anno.
Ho raccolto le foglie secche lanceolate dai colori pallidi, sgualciti ,
ancora fibrose, adagiate sul terreno gelido della mattina .
Le ho riposte in una scatola 
ed ho visto in loro la bellezza della rinascita.
La loro apparente morte, irriparabile,
le prepara solo ad una nuova grande bellezza.
Il tempo dello sfaldamento lascerà posto a nuove piccole foglie verdi
e poi ai fiori
in un processo di rigenerazione e rinascita.

Sulla tecnica.
Il Mokuhanga (dal giapponese: “moku” legno, “han” stampa, “ga” immagine) è la tecnica tradizionale giapponese di stampa a mano che fa uso di matrici di legno e colori a base d'acqua. Si contraddistingue quindi dalla linoleografia anche per i colori usati e non solo per gli strumenti.
La tecnica è una evoluzione delle forme precedenti ritrovate in Cina e in Corea e trova il suo massimo splendore nel periodo Edo (1603-1867).
I lavori su carta realizzati seguono una logica - nelle dimensioni, nell'uso della tecnica di stampa e del colore –  ispirata dall'antica tradizione dell'Ukiyoe, l'immagine del mondo fluttuante.
La carta washi e la carta di riso hanno una eccezionale tenuta all'acqua, ecco che quindi la tecnica si sposa con la materia pronta ad accogliere le decise pressioni date dallo strofinio del baren (lo strumento utilizzato con la forza delle mani e movimenti circolari per imprimere il colore sulla carta).
La stampa viene fissata da un mix di colore e pasta speciale detta “nori”. 
In particolare le “stampe in blu” (aizurie) realizzate con il solo colore blu e le sue sfumature di tono, è una tecnica usata a partire dal periodo Kansei (1791-1801) che si sviluppò in seguito alla nascita di una legge che delimitava l'uso dei colori ed alla introduzione del Blu di Prussia dall'Europa.
Infine un accenno alle dimensioni delle stampe. Esse fanno riferimento alle misure più utilizzate in quel periodo: aiban (formato di stampa 20x30 circa); koban (stampa piccola); nagaban (stampe lunghe); ōban (stampa grande); shikishiban (stampa quadrata).
Alcune opere sono ricamate ad ago con parole che evocano sentimenti positivi, di accettazione del presente. Il ricamo è un altro linguaggio utilizzato dall'artista e nella versione sashiko (il una forma utilizzata per il rammendo di abiti in Giappone) è un ulteriore riferimento alla cultra giapponese, al valore dei tempi lenti, all'importanza del riconoscere che esiste una ciclicità della vita.